giovedì 5 giugno 2014

Da Dedò si entra nel mondo del colore





Capita che in un weekend fuori, scopri un piccolo angolo di mondo coloratissimo.
Sono rare le occasioni e le persone che riesco a definire "artisti", ma il Sig. Goffredo, in arte Dedò, è una di quelle rare eccezioni.
Nella cornice di Capalbio, piccolo comune toscano, ho trovato la meraviglia dei colori racchiusa nello studio di Dedò.
Un pittore, un artista, un uomo che staresti ad ascoltare per ore ed ore.
Noi siamo partiti col parlare dei fenicotteri rosa (che ho ritrovato in un suo quadro), e siamo finiti con l'inchinarci di fronte alla maestria, alla grandezza e allo spessore di Niki De Saint-Phalle, che a pochi km di distanza da Capalbio, ha costruito l'imparagonabile Giardino dei Tarocchi (ebbene sì, ce lo invidiano in tutto il mondo).
La pittura di Goffredo è contaminata dagli anni vissuti in America, che gli piace raccontare anche nei suoi quadri.
Non è facile parlare di arte, né riuscire ad interpretarla.
In questo post, voglio limitarmi a celebrarla.
A voi le immagini, a voi il giudizio finale.


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CM









lunedì 26 maggio 2014

Una piccola oasi vintage tra le catene del fast fashion: Flamingo a Via Laurina 3




Sarà che in Carlotta ho rivisto il mio stesso entusiasmo, e quello di tanti ONESTI ragazzi che mettono in gioco se stessi e le loro capacità.
Sarà che entrambe siamo vergognosamente partigiane per i bellissimi fenicotteri rosa.
Sarà che ancora crediamo nella possibilità di mettere del nostro in questo mondo.
Figlia d'arte, la mamma è Wilma Silvestri (creatrice del brand Le Gallinelle), si iscrive alla facoltà di medicina.
Vi chiederete come sia possibile, dopo essere cresciuta circondata dal meraviglioso mondo dei tessuti, dei modelli, degli abiti, sin da quand'era piccina.
Ebbene, Carlotta abbandona gli studi dopo due anni, per cimentarsi in una prova ancora più ardua.
Assieme al ragazzo, apre questo piccolo angolo esotico in una traversa (Via Laurina 3) delle vie più transitate di Roma, Via del Corso.
Il  viaggio che qualche anno fa' fece a New York, è stato il principio di tutto.
La grande mela le mostra tanti, tantissimi negozi vintage, che lei scopre, guarda, scruta con occhi da innamorata.
E si pone la fatidica domanda: perchè un negozio animato da un concept del genere, non era stato ancora aperto, in quella grande via dove passano tanti turisti (già fortunatamente educati al gusto del vintage), e dove si era (e si è) SOLO bombardati da insegne delle grandi catene del fast fashion?
La risposta se l'è data da sola, il giorno in cui ha appeso al muro l'insegna al led rosa con la stilizzazione di un fenicottero.
Sono stata nel suo negozio, e niente è lasciato al caso.
Si percepisce senza dubbio la sua smodata passione per gli accessori (non sarebbe una donna no?), e per i capi gli anni '80-'90.
Tanto colore, tanta cura nella scelta, diversi pezzi e proprio quelli giusti.
Di fronte a semplicità, umiltà e passione, sono contenta di poter fare da messaggera.
Passate a trovarla, perchè anche scambiandoci due parole, capirete che il gusto ancora esiste, e se accompagnato da una gran dose di EDUCAZIONE, l'esperienza di shopping, può rivelarsi davvero unica del suo genere.
Perchè ci siamo tutti un pò scocciati della maleducazione e della boria dei commessi che quando entriamo nei negozi, nemmeno hanno l'accortezza di salutarci, vero?
Ricapitolando.

WHO: Flamingo 
WHEN: dal lunedì al sabato
WHERE: Via Laurina 3
WHAT: Vintage store
WHY: Perchè ci piacciono le cose belle e le persone belle!

Seguite Carlotta sulla fan page di Facebook,
e anche su Instagram (@flamingorm).
Enjoy!


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CM





venerdì 16 maggio 2014

Amancio Ortega Gaona: il self made man di Zara e un patrimonio di 24 miliardi di euro



Il suo nome e il suo volto sono sconosciuti ai più, di lui girano poche foto e dichiarazioni ufficiali, eppure è l'uomo più ricco d'Europa.
Amancio Ortega è il fondatore della catena di abbigliamento spagnola Zara, un vero e proprio colosso del settore che si piazza al primo posto in Europa per diffusione e numero di negozi sparsi nei vari Paesi, seconda nel mondo solo all'americana Gap.
Fa vita monacale, indossa sempre la stessa camicia, ma il suo impero, è arrivato a definire il concetto di fast fashion.
E ora ha preso il posto di Warren Buffet al numero 3 della lista di milairdari, pubblicata su Forbes.
Sembra strano da credere, vista la sconfinata ricchezza di quest'uomo (valutata in 24 miliardi di euro), che si sia "fatto da solo" partendo da zero.
E' nato in un borgo di 1.300 persone, La Coruna, città della Galizia dove tutt'oggi torna  quando non è impegnato con la sua azienda.
Figlio di un ferroviere e di una casalinga, inizia a lavorare per necessità economiche a 14 anni, con in tasca una licenza media: recapitava in bicicletta camicie, giacche e cappotti del negozio "Gala".
Ancora oggi, dopo quasi 60 anni, i dipendenti di Gala, cuciono camicie al piano di sopra del negozio: era questo il modello che Ortega aveva in mente quando ha aperto il primo negozio Zara nel 1975, proprio a due isolati da Gala stesso.
Con la crescita della società ha mantenuto la produzione "vicino casa" (in Spagna e Portogallo), in un momento in cui ben sappiamo, altre catene si muovevano in massa verso le fabbriche in Asia per la manodopera a basso costo.
L'impero Ortega ha capito che per fare la differenza, doveva essere fast, alla portata delle tasche di tutti, e con un concetto ben sviluppato di design.
Più della metà della produzione viene effettuata localmente, e ciò consente a Zara di essere veloce: 15 giorni dalla produzione alla vendita al dettaglio (sei mesi invece per le industrie classiche).
La chiave per il fast fashion è quindi nel possedere tutta la filiera, dalla fabbrica al negozio, e nel commercio di piccoli lotti che vendono rapidamente.
"Se cambio la merce molto spesso, allora io ti do una scusa per venire a negozio più spesso".
Grande filosofia, che ha portato grandissimi risultati.
La società Inditex infatti, oltre a controllare Zara, conta anche Massimo Dutti, Pull and Bear, Bershka, Stradivarius, Oysho, Shkuaban e Zara Home.
E numeri alla mano, Inditex possiede 6.000 negozi in 85 Paesi.
Efficace la scelta operativa interna: si potrebbe pensare che un’azienda così grande e importante abbia una struttura manageriale molto complessa, e invece no, perché si tratta di una linea molto semplice in cui i collaboratori di tutti i livelli vengono scelti in base alle effettive competenze e vengono istruiti su specifiche mansioni a cui corrispondono determinate responsabilità
Ogni collaboratore di Zara, di qualunque livello, conosce alla perfezione il suo compito ed è tenuto a fare solo quello.
Magari la struttura delle società e delle aziende italiane, ed anche la mentalità, si improntassero alla cultura aziendale di Ortega.
Stay tuned che mentre noi poveri italiani cerchiamo disperatamente lavoro, probabilmente un altro negozio Zara sta aprendo proprio oggi nel mondo.


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mercoledì 14 maggio 2014

Sine Modus: tutto il vintage in un turbante






Belle, giovani e très chic.
Aggettivi che richiamano la ricercatezza e la freschezza delle due fondatrici di Sine Modus, Chiara e Manuela.
Vintage, "fatto a mano", e la ricerca di capi dismessi di decenni fa: questi sono i punti chiave attorno ai quali le due ragazze hanno dato vita alla loro linea di turbanti.
Accessorio per capelli che ha visto una crescita e un'evoluzione dagli anni '20 fino ai '50, il turbante è sempre stato un segno distintivo di gusto, femminilità, ma anche di provocazione al  tempo stesso.
Oggi, Sine Modus, propone un prodotto rivisitato, ma unico nel suo genere.
Si è cercato di ritrovare quello spirito di un tempo che fatica a sopravvivere tra le mille mode passeggere e la massificazione dei nostri giorni, tra collezioni flash e abiti in serie, dove il capo hand made riesce ancora a fare la differenza per i più.
Il fulcro del progetto vede ormai da qualche tempo, Chiara e Manuela, impegnate nello scovare tessuti vintage che possano ritrovare nuova vita come materia prima per creare i loro magnifici turbanti.
Tanti modelli (ognuno con il proprio nome), che raccontano la loro personale storia.
Potevate mai immaginare che una Tshirt degli anni '70 diventasse un magnifico accessorio da indossare?
Eppure sta tutto lì, nella volontà di creare qualcosa di nuovo attingendo dal "vecchio", di speciale, e di diverso da quello che tutti i giorni pubblicità, social, e mass media, tentano di proporci e di rifilarci come la novità assolutamente da avere.
Quando c'è tanta passione e tanto cuore dietro un progetto, il risultato non può essere che un successo.
La parola stessa Sine Modus, un latinismo volontariamente errato, è la volontà di slegarsi dalle mode del presente, per regalare quello scorcio di inventiva e di originalità che contraddistingue le due giovani professioniste animate da una passione comune: il vintage, appunto.
Potete seguirle sulla loro pagina Facebook, oppure direttamente dal loro sito.
Io sono loro grandissima fan e follower su Instagram ( @sinemodus), dove non manca giorno che rimanga affascinata e imbambolata davanti le loro creazioni.
Al momento l'acquisto, ad un prezzo VERAMENTE OTTIMO, potete farlo direttamente online, contattandole anche privatamente su Facebook, dove la risposta sarà veloce e sempre assicurata.
Sbrigate ad acquistare, che i pezzi sono unici e irripetibili!
Brave ragazze, Roma vi supporta!


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CM







lunedì 12 maggio 2014

"Per la gola si pigliano i pesci" (e non solo): a cena da Porto Fish&Chips




Di donne, di leggende e di marinai.
L'impressione (voluta), è quella di trovarsi in una taverna marsigliese, invece che in una delle vie centrali di Roma.
Siamo a Via Crescenzio 56, e da marzo, questo civico ha visto l'inaugurazione di Porto Fish&Chips.
Completamente ristrutturato al suo interno (prima era il negozio "Belle Arti"), il locale è già molto conosciuto e alla moda.
Davide Buccioni, ex pugile e proprietario del contiguo Quarto Burger&Drink (hamburgeria di ottima qualità), ha voluto dare un'alternativa old food, conferendo qualità ad un'osteria di pesce al giusto prezzo.
E' un posto "aggregatore" di generazioni e ceti differenti, con un servizio veloce e con del personale cordiale.
L'ambiente, come vi dicevo, è quello di una taverna portuale, allegro, colorato, e che mixa tanti stili differenti: dal vintage, all'industrial, al contemporaneo.
Tavoli con sedie diverse tra loro, e che ricordano un pò quelle di casa delle nostre nonne.
Una porta rossa, autentica, di un container navale, giornali alle pareti, finestre rotonde che richiamano gli oblò delle navi, e lampade in ferro.
Tutto ricercato, e sapientemente accostato.
I piatti sono semplici, a buon prezzo, e fatti con ingredienti freschi (cosa molto importante!).
Sulle tovagliette di carta ecco il menu, che comprende i cartocci (il classico fish&chips, alici fritte, calamari e gamberi fritti), i wrap di pesce, le sirene (cous cous di pesce, guazzetto di moscardini), gli scaricatori (amatriciana con le cozze, sauté di cozze o vongole), e infine i rimorchiatori (pesce al forno con patate, patata al cartoccio con baccalà mantecato).
La scelta è andata ovviamente sui cartocci: fish&chips leggero (nonostante sia fritto) con il merluzzo che si sentiva essere di giornata, e calamari e gamberi fritti da mangiare in abbondanza fino allo sfinimento.
Si finisce con la "nonna": biscotto sbriciolato in superficie, crema e pinoli.
Una cena piacevole, gustosa e al giusto prezzo.
Consiglio vivamente di andare, e di farne ritorno più e più volte.
Un po' come la nave che rientra sempre in porto.
Abbandono il timone, e vi lascio alle immagini.
Enjoy!


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CM












sabato 10 maggio 2014

L'arte (sulla pelle) secondo Pietro Sedda



Artista, designer, illustratore.
Ma prima di tutto tatuatore: Pietro Sedda, Milan based, trasforma l'inchiostro sulla pelle umana, in una preziosa ed unica opera d'arte.
Studia scenografia all'Accademia di Belle Arti di Brera, e inizia un percorso come artista visivo.
Poi decide di provare come designer di interni, ma sono sempre più quelli che lo invitano e lo spronano ad affiancarsi alla professione del tatuatore.
Che sembra meno facile di quello che si pensa.
Muove i primi passi ad Urbino, poi decide di trasferirsi a Londra per 3 anni: è il momento di svolta nella sua vita e nella sua carriera.
Decide di rientrare nella sua Italia, e dal 2010 apre The Saint Mariner a Milano, in Via Carlo Tenca: studio/negozio/galleria all'aperto.
Decine di quadri, mobili vintage e moderni, oggetti di design, riviste, specchi e oggetti sacri (come la statua di San Francesco a grandezza naturale).
L'ambiente è a sua immagine e somiglianza, e al piano di sotto c'è una galleria, la Mutt Art Gallery, che ha una sua gemella a Barcellona, con la quale c'è scambio di mostre ed artisti.
Insomma, un posto infinitamente speciale, per l'artista più importante nel panorama italiano ed internazionale.
Il suo stile? Unico e irripetibile.
Uno studio quasi maniacale del disegno per proporre un lavoro a dir poco perfetto.
Dal black/grey al colore, non c'è un tatuaggio uguale all'altro.
Ognuno narra una storia, una scelta, un momento, e credo che Pietro Sedda sia il miglior narratore che esista al mondo.
E come ogni autore che firma la sua opera d'arte, il suo tratto è inconfondibile, e chiunque decida di farsi tatuare da lui, sa che gli si deve lasciare carta bianca.
"Il bello è nelle curve, nel non sapere cosa c'è dopo, un volto vuotato dai suoi segni riconoscibili.
Mi piace far crescere nuove identità, mi piace creare e dar vita a un nuovo formato iconografico di bellezza, che non necessariamente deve piacere, anzi ai più non piace.. ma la cosa piace a me"
Seguitelo su Instagram (@pietrosedda), per rimanere ogni giorno meravigliati di tanta bellezza e bravura in pochi centimetri di pelle.
E andate anche in libreria: "Santi, marinai e balene...e disastri" di Pietro Sedda, è un voluto supporto cartaceo all'opera dell'artista, un tentativo anche di ampliare l'interesse nei confronti di questa antichissima arte che negli anni è divenuta fenomeno di moda, e quasi una decorazione del corpo obbligata.
Ora, lascio la parola alle immagini (courtesy of @pietrosedda on Istagram).
E che dirvi, correte a prendere un appuntamento, che la lista d'attesa è lunga!


Love
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domenica 4 maggio 2014

Gnam Box - In Food We Trust!




E' un foodie project sviluppatosi nel tempo, frutto di tanta passione e della bravura dei due protagonisti: Riccardo Casiraghi e Stefano Paleari, un interior designer e un graphic designer.
Penserete che la combinazione possa risultare sui generis, ma vi assicuro che l'effetto è alla stregua di un'esplosione di idee vincenti, e di un progetto importante: Gnam Box.
Facile dedurre dal nome che si tratti di una mission volta all'esplorazione dell'arte culinaria, e per fare ciò, i due giovani ed intraprendenti ragazzi, hanno di volta in volta ampliato le vedute della loro start up iniziale.
La loro cucina è il contenitore, il luogo dove si può sfogare la passione per la cucina.
Lo fanno insieme tutti i giorni, ma hanno avuto modo di ospitare tante persone per potergli chiedere "Qual'è il tuo piatto preferito?".
Scoprire e incontrare personalità differenti grazie al potere del web, fa sì che si possa venire a contatto con tanti modi diversi di cucinare, nuovi ingredienti da poter accostare, e perchè no, anche tante nuove amicizie che possono nascere!
Sono tantissimi i loro followers, ed io mi ritengo di essere una tra le più accanite (su Instagram in particolar modo), e questo li ha probabilmente spinti a vedere che il loro progetto online potesse spingersi ancora più in là.
Gnam Box - In Food We Trust, è il loro primo libro: edito da Mondadori, e dal 29 aprile nelle librerie, conta 150 ricette di stagione, divise per ingredienti dalla A alla Z.
Un libro coloratissimo e di facile consultazione, che permetterà anche ai più pigri della cucina di dire "oggi voglio provare questa ricetta".
Perchè poi, come in tutte le cose, sta tutto nell'iniziare.
Esattamente come Riccardo e Stefano, che ci hanno creduto fino in fondo.
Continuerò a seguirli, e a prendere spunto dalla loro vivacità e voglia di fare, per non smettere di credere che un sogno o idea possa realizzarsi.
Su internet cliccate www.gnambox.com, e troverete ricette, interviste, design, fotografia curatissima, ma soprattutto persone.
C'è qualità nel loro lavoro, e per questo vanno premiati.
Se invece preferite Instagram come canale più diretto, basta che seguiate @gnambox.
E ogni giorno vi chiederete, perchè ancora non vi siete messi ai fornelli.
Correte anche in libreria, perchè i progetti dei giovani vanno sempre sostenuti!
IN FOOD WE TRUST!


Love
CM





sabato 3 maggio 2014

A cena da Osteria Mavi



Un ambiente raccolto, ma studiato nei minimi particolari, un gusto che abbraccia lo stile vintage e industrial al tempo stesso.
E' questo ciò che vi attende da Osteria Mavi.
Gestito da giovani ragazzi, il servizio attento e la cortesia non deludono alcuna aspettativa.
Un menu composto da un numero giusto di piatti. che con la loro ricercatezza e particolarità, rendono la scelta tutt'altro che scontata.
Carta dei vini ricca di ottime etichette a prezzi decisamente onesti (anche se noi abbiamo optato per un bicchiere di rosso e uno di bianco alla mescita).
La cena è iniziata con un piatto offertoci dalla cucina: sublime.
Proseguita poi con un antipasto composto da un involtino di pane carasau, ripieno di pollo thai con curry.
Per secondo, involtino di pollo e gamberi con carciofi,pomodorini e zenzero su letto di broccoletti ripassati per me, e maialino caramellato con patate stick per lui.
Per dessert invece, torta di yogurt e robiola con biscotti sbriciolati e salsa di mirtilli.
Piatti unici nel loro genere, ma leggeri nonostante le porzioni siano abbondanti.
Come giudizio finale potrei dirvi che i piatti sono ottimi, con elementi gourmet e realizzati con materie prime fresche e di qualità.
Prezzi nella media, per qualità e quantità di cibo.
Mi aspettavo di trovarmi bene, ma rimanere stupita in positivo fa sempre piacere.
Assolutamente consigliato!


Love
CM






domenica 27 aprile 2014

In Barbie we trust. E giriamo il mondo con lei (e Ken). Inseparabili anche nella nuova mostra, a Milano.



Segnate queste date: 8 maggio - 20 giugno.
Una mostra tutta al rosa che più rosa non si può.
Di cosa stiamo parlando?
Del progetto Barbie Around the World, nato da un'idea di Maria Giovanna Callea e realizzato da Enrico Pescantini, dopo il successo ottenuto con la prima "puntata" di questo progetto fotografico "Barbie loves Israel", niente meno che l'avventura in Israele della coppia perfetta di fidanzati.
Barbie arriva dall'Italia, Ken in trasferta dall'India per vivere insieme un fantastico road trip che interesserà luoghi come la Galilea, Nazareth e Gerusalemme.
Scatti dal relax sul Mar Morto, per finire nella moderna e modaiola Tel Aviv.
In questo nuovo appuntamento invece, la bambola più famosa e invidiata al mondo sarà protagonista, insieme al suo inseparabile Ken, di un vero e proprio reportage narrante le loro avventure attraverso il mondo.
Colori accesi, locations da sogno, mixati ad un'altra serie di istantanee dal sapore vintage, grazie all'impiego della vecchia e cara Polaroid.
Ispirandosi ai temi della mostra fotografica, i doll designers Mario Paglino e Gianni Grossi (più conosciuti come Magia2000), contribuiranno con tre loro esclusive creazioni a pezzo unico, per celebrare la cultura mistica e religiosa degli "orixas".
Inoltre, grazie alla collaborazione con Paolo Schimdlin, noto scultore ma soprattutto per la sua collezione di Barbie, la mostra vedrà l'apporto di accessori originali della bambola risalenti agli anni '60 e '70, nonchè di una scultura ispirata alla Barbie degli anni sessanta.
Insomma, un tripudio di bellezza e femminilità, ma anche di arte e fotografia.
Tutto sapientemente miscelato, e dal risultato unico.
How to. Dall'8 maggio al 20 giugno alla Barbara Frigerio Gallery, Milano.
Hurry up girls!


A Barbie Lover
CM




lunedì 21 aprile 2014

Un lobby boy al Grand Budapest Hotel




Come non può non piacerci un film con Ralph Fiennes che interpreta Monsieur Gustave H, eccentrico concierge specializzato in rapporti con vecchie signore ottantenni,  in quel di un grande albergo anni '20, nella fantastica repubblica di Zubrowka...?!
E, per inciso, la Zubrowka è la marca di una vodka polacca.
Ma questa è anche la storia del giovane lobby boy Zero Mustafa, interpretato dall'attore americano di origini guatemalteche, Tony Revolori.
Monsieur Gustave ha l'abitudine di portarsi  a letto tutte le ospiti dell’albergo, a patto che queste abbiano alcune caratteristiche: devono essere  bionde, ricche e anziane. Molto anziane. 
Gli eventi scatenanti le mille peripezie dei due, sono la misteriosa morte di una di queste (Tilda Swinton) e il capolavoro – Ragazzo con mela – lasciato in eredità proprio al concierge, scatenando l’ira dei figli della vecchia amante.
Centralissimo è ovviamente il rapporto che si instaura tra Monsieur Gustave e Zero, che erediterà proprio il Grand Budapest Hotel, punto iniziale di tutta la storia diretta magistralmente da Wes Andreson, che ha adottato per la sceneggiatura, il sistema della scatole cinesi.
Scatola n.1: la lettrice del romanzo, tutta vestita di rosa, che si reca, libro in mano, al monumento eretto in onore dello scrittore del suo romanzo(tributo infatti allo scrittore Stefan Zweig); 
Scatola n.2: lo scrittore stesso, anziano, che ci racconta quanto detto sopra: anche a lui vengono raccontate le storie che poi scriverà; 
Scatola n. 3: il giovane scrittore (Jude Law) che, affetto da solitudine come fosse una malattia alla quale non ci si può sottrarre, diviene avventore del Grand Budapest Hotel. Non più splendido come un tempo, ma in piena decadenza, è tra le mura di questo che egli incontrerà l'anziano Zero Moustafa (nell'occasione interpretato da F. Murray Abraham), il proprietario dell’albergo, ex garzoncello dello stesso e «l’uomo più solo del mondo», che gli racconterà la sua, incredibile, storia. 
Scatola n.4: la storia vera e propria, ovvero le mirabolanti avventure di Monsieur Gustave H. e dello stesso Zero.

Sempre raffinatissimo sempre curatissimo sempre girato con una tecnica strepitosa, dall’uso dei colori, alle inquadrature, agli spazi, ai continui richiami a teatro-pittura-fotografia, nel film è tutto così perfetto da sembrare zuccheroso (ma volutamente Grand Hotel Budapest sembra un’enorme torta glassata finemente decorata).
Alcune scene sono decisamente memorabili (il club delle chiavi incrociate,ovvero la loggia massonica dei concierge), e le inquadrature sono di una tale bellezza da rompere la quarta parete e scaraventarti fuori dalla finzione cinematografica esclamando “No beh ma che meraviglia”.
Nel cast inoltre anche Bill Murray, Owen WilsonAdrien Brody e Saoirse Ronan.
Cosa voleva dirci Wes Anderson con questo film?
Che forse tutto si mescola nella vita, che ogni storia
è connessa a tutte le altre, e che non esiste un confine tra il mondo che costruiamo con nostri colori e quello in cui esistiamo veramente, che magari è solo bianco, o solo rosa, o solo giallo.
Andate, andate, ANDATE!!!


Love
CM